lunedì 21 marzo 2016

Oggi è il 21 marzo, inzia la primavera e si ricordano le vittime innocenti di mafia, Libera ha voluto questa giornata, una giornata della memoria il giorno dell'inizio della primavera, non è casuale, in questa scelta emerge la speranza che il risveglio della natura possa contagiare anche le coscienze, le stesse coscienze che, troppo spesso, rimangono in letargo. Questo "21 marzo" viene celbrato dal 1996, tante sono le iniziative organizzate autonomamente dalle città e dai comuni, ma ovunque, il filo conduttore è la lettura dell'elenco delle vittime che, dall'omicidio di Notarbartolo ad oggi, hanno perso la vita per essersi opposte a questo meccanismo malato e sanguinolento o per essersi trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato,come è successo a Domenico Martimucci, il calciatore ventiseienne, colpevole di essersi trovato in una sala giochi, quando questa, venne fatta esplodere per un ragolamento di conti. L'elenco è lungo, drammaticamente lungo, ma deve essere ascoltato per impedire che continui a riempirsi di nomi, di persone, di sangue.
Ho sentito parlare per la prima volta di mafia nel 1992, ero una bambina, guardavo la televisione e la mia famiglia era immobilizzata per lo sgomento, un magistrato era stato ucciso, Falcone, la moglie e la sua scorta erano stati uccisi, ovviamente ero troppo piccola per comprendere la gravità dell'accaduto ma capivo che si trattava qualcosa di brutto, di tragico. Quelle scene, quelle sensazioni si sono ripetute a poche settimane di distanza e le stesse sensazioni non mi hanno più abbandonata.Sono cresciuta, molti, troppi perchè non hanno avuto risposta, anzi, si sono moltiplicati e il sangue ha continuato e continua a scorrere, io sono sempre più arrabbiata ma consapevole che le cose possono cambiare, le cose devono cambiare, lo dobbiamo a tutte le vittime di mafia, lo dobbiamo alle loro famiglie, lo dobbiamo a noi, alle nostre famiglie e ai bambini che verranno. Un mondo migliore è possibile, non dimentichiamo, impariamo e facciamo.
"Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimbocccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare".>BR>Nelle diverse città si è alzato un coro "adesso tocca noi".
Sì, adesso tocca a noi.

Nessun commento:

Posta un commento