È partita lo scorso 2 maggio la seconda edizione della Settimana Italiana dell'Insegante, un'occasione per celebrare una figura estremamente importante per la società e che troppo spesso viene sottovalutata. Gli insegnanti hanno un ruolo importantissimo nella formazione della persona e non soltanto dal punto di vista dell'istruzione. Un bravo insegnante non si limita a inculcare nozioni, un bravo insegnante scopre le potenzialità del discente e lo porta a diventare l'uomo e la donna che saranno.
Quest'anno l'iniziativa è partita con l'hashtag #RingraziaUnDocente, per ricordare gli insegnati che, in qualche modo, hanno segnato positivamente le nostre vite. Nel corso della mia carriera studentesca ho avuto diverse tipologie di insegnanti, i competenti frustrati, gli incompetenti e quelli da ringraziare, partendo da questi ultimi ringrazio la maestra Ornella che nel corso dei cinque anni di scuola primaria è stata una sorta di vice mamma per tutti noi, attenta ai nostri bisogni, alle nostre debolezze, alle nostre paure, dopo oltre vent'anni, continuo a ricordarla con tanta tenerezza. Un ringraziamento particolarmente sentito va alla professoressa di lettere del biennio delle scuole superiori, la professoressa Alpestre, ha ricominciato a farmi amare le sue materie: italiano e storia, dopo tre anni di scuole media caratterizzate da un "insegnamento" incompetente, quello di cui accennavo poco fa. Oltre ad impartire le sue lezioni, osservava noi studenti, in me vedeva una potenziale studentessa di teatro e un'amante della scrittura, all'epoca ero una ragazzina timida ed estremante insicura, quando mi disse che secondo lei potevo essere portata per il teatro, io risi tra me e me pensando: "io su un palcoscenico? Che follia!"; da piccola amavo scrivere, ma ho praticamente sotterrato questa passione che nasceva in me grazie, anche, a insegnanti incompetenti. Aveva ragione lei, ma me ne sarei resa conto solo parecchi anni dopo, all'università, ho ricominciato a scrivere, e mi sono iscritta ad un corso di teatro che mi ha aperto un mondo facendo nascere un nuovo amore:) mi piacerebbe ringraziarla per questo.
Un ultimo grazie è dedicato ad una grande professoressa e una grande donna, Ada Lonni, è stata la docente di Storia Contemporanea dei Paesi Mediterranei durante il biennio di magistrale, quando spiegava trasmetteva tutta la sua passione per la materia, non potevi non amarla, ricordo che con lei avevo lezione il sabato mattina, solitamente il sabato mattina è tragico e le aule universitarie sono semivuote, ma con lei no, con lei anche il sabato mattina andare a lezione era un piacere, era impossibile non farsi coinvolgere dalle sue parole, la storia del Mediterraneo e l'insegnamento sembravano essere la sua vita, era piena di entusiasmo e di spirito di iniziativa, qualità che non l'hanno mai abbandonata neanche quando, con una forza incredibile, una mattina è entrata in aula annunciandoci che, purtroppo, il programma del corso avrebbe subito alcune modifiche a causa di una brutta diagnosi, era visibilmente (almeno all'apparenza) più preoccupata per il suo corso che per la sua malattia. Sfortunatamente, dopo una prima vittoria, non è riuscita a vincere la seconda battaglia e lo scorso anno ci ha lasciato, la ricorderò sempre per la sua passione, per il suo coraggio, per la sua voglia di vivere.
Loro sono state le tre insegnanti che mi hanno dato molto più di un voto su una pagella o di una nozione storica. Poi ho avuto i professori competenti ma frustrati, forse non ambivano a stare dietro una cattedra, forse ci sono finiti per caso, come molti di noi, e per necessità non hanno potuto seguire le loro aspirazioni, a questa categoria apparteneva il professore di italiano e storia nel triennio delle superiori, era un critico d'arte con poca voglia di stare dietro ai suoi studenti che nelle sue ore finivano per fare i compiti per l'ora successiva, avrebbero colmato le proprie lacune storiche e letterarie leggendo o informandosi per conto proprio, personalmente lo sto ancora facendo e credo continuerò a farlo ancora per molto.
Concludo in bellezza con gli insegnanti incompetenti, perchè penso sia necessario citarli, anche per distinguerli dai tanti professionisti che fanno questo importante lavoro con dedizione. Sono quelli che riescono a distruggere ogni passione senza rendersene conto, non esagero se dico che durante gli anni delle medie ho smesso di leggere, non scrivevo più, non amavo studiare, a posteriori sono sempre più convinta che tra le cause ci siano stati insegnanti poco attenti, o comunque meno attenti con i meno brillanti, perchè perdere tempo con timidi impacciati e difficili da capire, questi non avrebbero combinato molto nella vita, meglio farli abituare alla condizione, perchè perdere tempo a porsi domande su di loro, sui loro pensieri, sui loro desideri. Purtroppo la conferma di questa mia teoria mi è stata data da persone che negli anni a seguire hanno avuto gli stessi professori ed è per questo che sostengo che un insegnate debba meritarsi il posto che ricopre, un professore ha nelle mani il futuro di una persona e non ci si può scherzare, non dico che loro siano responsabili delle vite, delle scelte dei propri studenti, ma in qualche modo li influenzano, dal mio punto di vista, crescendo, ho deciso di reagire ho incontrato guide che hanno creduto, che hanno visto oltre e che mi hanno stimolato, mi hanno spinto a pretendere di più dalla vita, da me stessa, ma ugualmente credo che un insegnate debba stare attento, un aforisma di Mirko Badiale che mi sta molto a cuore è: "Apponete un cartello su ogni bambino con su scritto: maneggiare con cura, contiene sogni" è vero, quindi insegnanti, non si pretende che siate infallibili, ma maneggiate con cura i vostri studenti, i loro sogni sono importanti e se non siete in grado di farlo, se non avete voglia, fate altro, il mondo è pieno di grandi docenti pronti a prendere il vostro posto, buon lavoro e ancora grazie ai tanti insegnati in gambissima -passatemi il termine :)-
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venerdì 6 maggio 2016
martedì 22 marzo 2016
"Torniamo umani"
Ci risiamo, questa mattina, mentre prendevo il caffè ascoltando il solito programma radiofonico che mi fa cominciare la giornata con un sorriso, ho sentito la notizia, l'aeroporto di Bruuxelles è stato colpito per due volte, dopo una decina di minuti è arrivata la conferma degli attacchi alla metropolitna. È una guerra senza fine le cui vittime sono innocenti colpevoli di essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. In questo momento non mi interessa capire se ci sono colpe, cosa è andato storto nella sicurezza, in questo momento riesco a pensare solo alle vittime, alle loro famiglie. Erano persone comuni, uscite di casa come tutte le mattine, alla stessa ora per andare a lavorare, oppure, erano in procinto di prendere un areo per una breve vacanza, pianificata, sospirata da chissà quanto tempo. Penso ai bambini che hanno assistito a questo strazio senza senso, strazio al quale, sembra, ci si debbano abituare visto che attacchi del genere non accennano a diminuire, anzi.
Sui social impazzano i soliti siamo tutti Bruxelles e le solite occasioni per squallide polemiche: perchè Ankara o un qualsiasi attentato in uno dei tanti paesi in guerra non desta la stessa reazione? In circostanze come questa credo sia una polemica sterile e del tutto fuori luogo, ma senza polemica voglio dire la mia come ho già fatto per gli attentati di Parigi. Bruxelles è vicino casa nostra, come Parigi, come Madrid, come Londra credo sia umano sentirsi particolarmente coinvolti da un attacco a una città geograficamente vicina o a una realtà a noi vicina per cultura personale, per legami di amicizia, questo non vuol dire che non si pensi alle tragedie e alle barbarie che ogni giorno toccano gli scenari di guerra più lontani da noi perchè credo che tutti noi cerchiamo di rimanere aggiornati su questo fronte, ma è vero, forse siamo più distaccati, non ci riguarda da vicino, ne siamo interessati ma distaccati, non dico che sia giusto, dico che siamo esseri umani che reagiscono in tante maniere differenti di fronte a tanti fatti differenti. Non è menefreghismo, non parliamo di paesi di serie A o serie B, sono "coinvolgimenti" diversi ma l'attenzione rimane. Sono colpita dai bambini feriti da una guerra che non è mai giusta, bambini di ogni colore, di ogni religione, bambini nigeriani, siriani, palestinesi francesi, non voglio più vedere queste immagini, ogni mattina i bambini devono poter arrivare a scuola, ogni mattina i genitori devono poter arrivare a lavoro, senza paura. Gino Strada ha chiesto di tornare umani, io voglio tornae umana, io voglio vivere in un mondo umano, rendiamolo possibile.
Sui social impazzano i soliti siamo tutti Bruxelles e le solite occasioni per squallide polemiche: perchè Ankara o un qualsiasi attentato in uno dei tanti paesi in guerra non desta la stessa reazione? In circostanze come questa credo sia una polemica sterile e del tutto fuori luogo, ma senza polemica voglio dire la mia come ho già fatto per gli attentati di Parigi. Bruxelles è vicino casa nostra, come Parigi, come Madrid, come Londra credo sia umano sentirsi particolarmente coinvolti da un attacco a una città geograficamente vicina o a una realtà a noi vicina per cultura personale, per legami di amicizia, questo non vuol dire che non si pensi alle tragedie e alle barbarie che ogni giorno toccano gli scenari di guerra più lontani da noi perchè credo che tutti noi cerchiamo di rimanere aggiornati su questo fronte, ma è vero, forse siamo più distaccati, non ci riguarda da vicino, ne siamo interessati ma distaccati, non dico che sia giusto, dico che siamo esseri umani che reagiscono in tante maniere differenti di fronte a tanti fatti differenti. Non è menefreghismo, non parliamo di paesi di serie A o serie B, sono "coinvolgimenti" diversi ma l'attenzione rimane. Sono colpita dai bambini feriti da una guerra che non è mai giusta, bambini di ogni colore, di ogni religione, bambini nigeriani, siriani, palestinesi francesi, non voglio più vedere queste immagini, ogni mattina i bambini devono poter arrivare a scuola, ogni mattina i genitori devono poter arrivare a lavoro, senza paura. Gino Strada ha chiesto di tornare umani, io voglio tornae umana, io voglio vivere in un mondo umano, rendiamolo possibile.
lunedì 21 marzo 2016
Oggi è il 21 marzo, inzia la primavera e si ricordano le vittime innocenti di mafia, Libera ha voluto questa giornata, una giornata della memoria il giorno dell'inizio della primavera, non è casuale, in questa scelta emerge la speranza che il risveglio della natura possa contagiare anche le coscienze, le stesse coscienze che, troppo spesso, rimangono in letargo. Questo "21 marzo" viene celbrato dal 1996, tante sono le iniziative organizzate autonomamente dalle città e dai comuni, ma ovunque, il filo conduttore è la lettura dell'elenco delle vittime che, dall'omicidio di Notarbartolo ad oggi, hanno perso la vita per essersi opposte a questo meccanismo malato e sanguinolento o per essersi trovate nel posto sbagliato nel momento sbagliato,come è successo a Domenico Martimucci, il calciatore ventiseienne, colpevole di essersi trovato in una sala giochi, quando questa, venne fatta esplodere per un ragolamento di conti. L'elenco è lungo, drammaticamente lungo, ma deve essere ascoltato per impedire che continui a riempirsi di nomi, di persone, di sangue.
Ho sentito parlare per la prima volta di mafia nel 1992, ero una bambina, guardavo la televisione e la mia famiglia era immobilizzata per lo sgomento, un magistrato era stato ucciso, Falcone, la moglie e la sua scorta erano stati uccisi, ovviamente ero troppo piccola per comprendere la gravità dell'accaduto ma capivo che si trattava qualcosa di brutto, di tragico. Quelle scene, quelle sensazioni si sono ripetute a poche settimane di distanza e le stesse sensazioni non mi hanno più abbandonata.Sono cresciuta, molti, troppi perchè non hanno avuto risposta, anzi, si sono moltiplicati e il sangue ha continuato e continua a scorrere, io sono sempre più arrabbiata ma consapevole che le cose possono cambiare, le cose devono cambiare, lo dobbiamo a tutte le vittime di mafia, lo dobbiamo alle loro famiglie, lo dobbiamo a noi, alle nostre famiglie e ai bambini che verranno. Un mondo migliore è possibile, non dimentichiamo, impariamo e facciamo.
"Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimbocccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare".>BR>Nelle diverse città si è alzato un coro "adesso tocca noi".
Sì, adesso tocca a noi.
Ho sentito parlare per la prima volta di mafia nel 1992, ero una bambina, guardavo la televisione e la mia famiglia era immobilizzata per lo sgomento, un magistrato era stato ucciso, Falcone, la moglie e la sua scorta erano stati uccisi, ovviamente ero troppo piccola per comprendere la gravità dell'accaduto ma capivo che si trattava qualcosa di brutto, di tragico. Quelle scene, quelle sensazioni si sono ripetute a poche settimane di distanza e le stesse sensazioni non mi hanno più abbandonata.Sono cresciuta, molti, troppi perchè non hanno avuto risposta, anzi, si sono moltiplicati e il sangue ha continuato e continua a scorrere, io sono sempre più arrabbiata ma consapevole che le cose possono cambiare, le cose devono cambiare, lo dobbiamo a tutte le vittime di mafia, lo dobbiamo alle loro famiglie, lo dobbiamo a noi, alle nostre famiglie e ai bambini che verranno. Un mondo migliore è possibile, non dimentichiamo, impariamo e facciamo.
"Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimbocccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare".>BR>Nelle diverse città si è alzato un coro "adesso tocca noi".
Sì, adesso tocca a noi.
mercoledì 13 gennaio 2016
Continuamo a vivere
Si parla ancora una volta di attacchi, si parla ancora una volta di morti, si parla ancora una volta di feriti, si parla ancora una volta di terrorismo, si parla per l'ennesima volta di follia. Questa volta la Turchia ha fatto da scenario, si è colpito il turismo, si è colpito il settore più importante del paese e quello più difficile da proteggere. I terroristi hanno colpito ancora, sembra siano stati aiutati da personaggi russi ma non è questo che conta perchè, come spesso ribadiamo, si sta parlando di una follia che non ha nazionalità, che non ha religione, è solo follia che vuole creare il caos e che purtroppo ci riesce. Sono morte dieci persone, molte erano tedesche, ma anche questo dato è irrilevante, ciò che conta è che sono state spezzate delle vite, a prescindere dalla nazionalità, delle vite innocenti che erano partite, probabilmente, per il gusto ammirare un paese che presenta tante ricchezze da offrire, persone che erano partite con l'iidea di scoprire una cultura diversa o, perchè no, riscoprirla dopo esserci già stati, perchè è questo lo scopo del viaggio, il viaggio deve far tornare arricchiti di nuove scoperte da condividere, non deve far torrnare cadaveri o feriti pieni di paura, in realtà lo scopo di questi folli è proprio questo, creare il panico. Sembra che il terrorista in questione abbia posizionato l'esplosivo in Piazza Sultanahmet, nella piazza che accoglie il maggior numero di turisti, in visita presso i suoi monumenti principali: la Basilica di Santa Sofia e la Moschea Blu, ha colpito il cuore del turismo.
Che fare adesso? Chiuderci in casa? Smettere di viaggiare? No, vorrebbe dire dargliela vinta e non lo meritano, si è registrato, negli ultimi mesi, come era prevedibile dopo gli attacchi di Parigi un brusco calo delle partenze, calo che comunque la Turchia e i paesi limitrofi, stavano già subendo, non possono vincere così combattiamo la violenza, non rendiamola un'abitudine impossibile da eliminare.
Che fare adesso? Chiuderci in casa? Smettere di viaggiare? No, vorrebbe dire dargliela vinta e non lo meritano, si è registrato, negli ultimi mesi, come era prevedibile dopo gli attacchi di Parigi un brusco calo delle partenze, calo che comunque la Turchia e i paesi limitrofi, stavano già subendo, non possono vincere così combattiamo la violenza, non rendiamola un'abitudine impossibile da eliminare.
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