martedì 9 giugno 2015

Valige

Quante ne vediamo in aeroporto? Tante, ci sarebbe ottimo materiale per scriverne un libro, ai controlli ci si può sbizzarrire, adolescenti in lacrime per flaconcini che non possono essere portati in aereo, viaggiatori costretti a liberarsi di scarpe o di cinture che farebbero suonare all'impazzata il metal detector, scene di panico all'ordine del giorno; di recente però le cose sono cambiate e nelle valige non si trovano più oggetti non ammissibili a bordo, si trovano persone, si trovano bambini rannicchiati nel disperato tentativo di ricongiungersi alla mamma o al papà: è la storia di Adou che, un mese fa cercò di raggiungere Ceuta, città dell'Africa del nord, per ritrovare la madre che ha potuto riabbracciare solo in questi giorni e con la quale potrà rimanere grazie alla concessione del permesso di soggiorno.
Storie simili si sentono troppo spesso, famiglie spezzate alla disperata ricerca di un lavoro, di una vita senza troppe pretese ma degna di questo nome, parenti che non possono riavvicinarsi per futili motivi burocratici. Quando finirà tutto questo? Quando tutte le persone saranno trattate come persone? Perché siamo tutte persone, siamo tutti uguali senza distinzioni di razza o meglio, con distinzioni di razza che dovrebbero arricchirci a vicenda e non di farci la guerra e davanti alla legge dovremmo essere tutti uguali, con gli stessi diritti, gli stessi doveri e soprattutto lo stesso diritto alla vita, alla dignità. Non voglio più vedere distinzioni, non voglio più vedere bambini costretti a rinchiudersi in una valigia, non voglio vedere bambini morire in mare, non voglio più vedere disperati sui barconi derisi da chi si sente superiore solo perché nato nella parte "giusta" del mondo. Quale diritto abbiamo di decidere sulla vita di queste persone, sulla possibilità di un bambino come Adou di riabbracciare la mamma?
Riportatemi in aeroporto e fatemi vedere Adou sorridente mentre toglie le scarpe per far "zittire" il metal detector, è questo che voglio vedere.

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